La lingua italiana utilizza i termini conflitto e guerra come sinonimi, per quanto in realtà non lo siano.

D. Novara, in “La grammatica dei conflitti”[i] ci fa riflettere su come l’equivoco avvenga nella nostra lingua e non all’estero dove con il termine “conflitto” si intende scambio di idee, di convinzioni diverse in un’ottica di confronto/scontro, senza arrivare ad un’aggressività estrema verso l’altro.

All’estero essere in conflitto significa sostanzialmente “essere in disaccordo”. Con il termine “guerra” invece si intende l’eliminazione dell’altro, un atto di supremazia, di aggressività, a dirla come T. Harris “Io sono ok, tu non sei ok”[ii].

E non c’è alcun dubbio che in questi giorni ciò che vediamo è decisamente uno scenario di guerra.

Come nell’equivoco della lingua italiana, nelle notizie che ascoltiamo o che scorrono in tv, si avverte l’incapacità di stare nel conflitto, di ammetterlo e utilizzarlo in maniera creativa.

Ciò fa della divergenza di pensiero la strada della separazione e della morte.

Domina un problem solving definitivo, in cui la violenza costituisce la corsia preferenziale e l’eliminazione dell’altro diventa la risoluzione dell’attrito.

La violenza acefala della supremazia, di avere ragione a tutti i costi, di essere il più forte, si trasforma prima in minaccia e dopo in azione tragica.

Non c’è spazio per un reale confronto, una comprensione delle parti, una negoziazione. Il fine ultimo è dominare e distruggere l’altro.

Ma perché è così difficile la negoziazione? Cosa rende questo processo così raro, non solo nelle relazioni internazionali ma anche in quelle di tutti i giorni?

È la creatività…o meglio la mancanza di creatività. Creatività nel senso stretto della parola.

Torniamo di nuovo al significato vero, legittimo delle parole. Creatività è una derivazione di “creare”, una parola con una radice sanscrita che significa “fare”, “fare dal nulla”.

Fare dal nulla…ecco perché è così difficile essere creativi. Perché per essere creativi è necessario essere generosi.

Per essere creativi bisogna immaginarsi ciò che non c’è e con la fantasia iniziare a muoversi.

Essere creativi significa saper giocare con il nulla e inventare narrazioni da mille e una notte.

Significa sfidare il buio con la luce della mente. E nel buio che rimane denso, muoversi nel vuoto.

Significa cercare la terza via, costruirla, inventarla immaginandosela insieme.

Significa dare forma a ciò che ancora non c’è. Avere fiducia sulla possibilità di costruire e non cedere a tentazioni tanatiche.

Essere creativi significa fermare la pulsione di morte prima che diventi seme di guerra.

L’antidoto è usare il cuore e dare ciò che non si ha. Ecco perché è così difficile.

Meglio fare finta di avere tutto e tenerselo per sé. Meglio eliminare l’altro. Potrebbe scoprirci nella nostra pochezza e miseria umana.

Floriana Terranova


[i] Novara Daniele, 2014, “La grammatica dei conflitti”, Ed. Sonda, Casale Monferrato (AL)

[ii] Harris Thomas, 2013, “Io sono OK, tu sei OK”, Ed. Rizzoli, Milano