Ciò che mi preoccupa non è la divergenza di pensiero, quanto piuttosto la perdita di senso della parola coalizione.
Fintanto che coalizione significherà “allearsi contro” non sarà possibile parlare di un reale cambiamento.
In questi termini si perde il valore della collaborazione e di una crescita autentica.
Fintanto che la soluzione delle divergenze coinciderà con l’attacco della fragilità dell’altro non potremo parlare di un reale miglioramento e di una prospettiva più funzionale.
Il fair play nel gioco come in ogni altra dimensione della vita pone una differenza importante tra chi ha veramente a cuore la sorte dell’altro, nonostante le differenze e nonostante tutto e chi invece, semplicemente, pensa di essere migliore.
Di fronte a ciò che diverge da noi e dal nostro pensiero, l’indebolimento e annientamento dell’altro diventa una convinzione con funzioni di tutela sulla eventuale perdita di identità.
Ma si tratta di un’illusione.
La determinazione della propria individualità non avviene mai attraverso l’eliminazione dell’altro quanto piuttosto attraverso un processo di differenziazione in cui l’altro svolge una funzione determinante.
L’altro mi è prezioso, senza l’altro io non esisterei, senza di me l’altro non esisterebbe.
Secondo Bateson l’informazione è ciò che deriva dalla percezione di una differenza, se le realtà fossero tutte identiche non avremmo nessun tipo di informazione.
Se esistessero solo i cerchi non ne capiremmo mai le qualità. Solo la presenza di altre figure geometriche permette di cogliere la specificità insita nel cerchio.
Solo la reale conoscenza della differenza garantisce informazione.
La differenza tra me e l’altro quindi non solo pone le basi a un processo di maturazione individuale ma diventa condizione fondamentale perché possa esserci la sopravvivenza fisica e psichica degli esseri umani.
Il pensiero, punto di forza e di fragilità del genere umano, ha bisogno di attenzione, di reali possibilità di evoluzione.
Socrate, a proposito del pensiero, propone tre interrogativi meglio conosciuti come i tre setacci, e invita a domandarci prima di parlare:
“Quello che sto per dire è vero? E’ positivo? E’ utile?“.
Se applicassimo più spesso questa semplice regola invece di parlare senza pensare, il mondo sarebbe da subito un posto migliore o quantomeno più silenzioso.
Floriana Terranova




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