“…se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.“
(Gv 12,24-25)
Tratto dal vangelo di Giovanni, l’invito è ad una riflessione sul cambiamento e al sacrificio che esso comporta.
Realmente cambiare significa lasciar morire qualcosa, distaccarsene, accettare la caduta, la perdita e la rinuncia all’illusione.
Il chicco di grano se non lasciato morire rimarrà sterile, incapace di creazione.
Solo accettando le molteplici morti che avverranno dentro di noi si potrà creare un terreno buono per nuovi germogli.
Non è forse il principio del debbio quando i contadini ardono la terra preparandola alla rinascita di nuovi germogli?
Ha forse il contadino dubbi sul senso del bruciare ogni stelo d’erba rimasto sul proprio terreno?
Lo sguardo fiducioso sulle conseguenze delle proprie azioni orientate a ripulire, eliminare, trasformare può dare senso a una vera e propria religione della psiche.
Il tempio del Sè si nutre della capacità di lasciar morire ciò che non è reale. Questo permette al proprio vero Sè un libero movimento.
Questa, in termini psicologici, è una delle definizioni più consone nel descrivere il concetto di libertà. Libertà è la possibilità di liberare il movimento.
E la possibilità che il movimento prenda una forma libera produce, rinforza, crea a sua volta libertà.
La vera libertà diventa quindi il coraggio di lasciar morire trasformando ciò che è stato in ciò che sarà. Consiste nell’accompagnare un processo naturale e anticiparlo laddove lo si scorge all’orizzonte. Significa dare il benvenuto al nuovo e congedarsi da ciò che credevamo falsamente di noi e del mondo. Bisogna lasciare spazio al reale.
Ma non è forse questo il senso psicologico della rinascita?
La cifra di tutto non è forse staccarsi dal superfluo e falso per lasciare spazio al desiderio e alla vitalità?
Floriana Terranova




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