Secondo l’euristica del peak-end rule di ogni esperienza che facciamo siamo più portati a ricordarne i suoi picchi emotivi.

Non è l’esperienza nella sua globalità a essere ricordata. Piuttosto, si ricorda un fotogramma emotivo singolo, intriso di una forte emozione, positiva o negativa che sia.

Secondo Kahneman ciò spiegherebbe il fenomeno secondo il quale scegliamo talvolta senza un processo logico bensì attraverso connessioni non facilmente intuibili.

L’esperienza archiviata nel nostro cervello in modo sintetico sarebbe rappresentata dal suo picco emotivo. La descrizione e i dettagli del resto della scena vengono tralasciati.

Nel marketing, ad esempio, alla fine di un acquisto è previsto un dono omaggio. Questo regalo traccia nella mente dell’acquirente un picco emotivo positivo. Tale picco crea fidelizzazione del cliente.

Diversamente in un ambiente relazionale ciò determinerebbe il ricordo dell’altro e delle esperienze sintetizzandoli in quei picchi emotivi presenti nell’interazione.

Come a dire che ciò che si spalma su un piano affettivo neutro non lascia traccia alcuna. Servono emozioni, e anche intense.

Il nostro cervello funziona così poiché ricordare ogni singolo dettaglio dell’esperienza comporterebbe un dispendio inutile di risorse e tempo.

In sintesi, parafrasando Oscar Wilde “nel bene o nel male, purché se ne parli” !

Floriana Terranova

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